Giornalisti e il futuro dell’informazione, occorre rivedere il modello di business superando il mito intoccabile della gratuità. E’ quello che è emerso chiacchierando con cinque grandi giornalisti, tra un calice di Madreperla e uno di Tor di Ruta.
La compagnia di grandi giornalisti, una cena deliziosa e i vini più medagliati delle Marche. Piacevolissima la serata tra le due giornate del Festival della Cultura Olivettiana, ospiti del ristorante Erard di Montecarotto e di Moncaro, primo produttore di vini delle Marche. In un contesto come questo non potevano che nascere conversazioni interessanti. Una in particolare vorrei condividere con tutti i lettori di questo blog, quella sul futuro del giornalismo.
Attorno al tavolo, oltre al collega Roberto Ceccarelli e me, erano seduti Stefano Carli di Repubblica, Isidoro Trovato del Corriere della Sera, Lello Naso del Sole 24 Ore, Loris Gai del Tg1, il nostro partner Carlo d’Ippolito (pr ed ex Sole 24 Ore) e Doriano Marchetti di Moncaro, il padrone di casa. Tutti d’accordo sul fatto che il giornalismo è ad un punto di svolta: o si cambia il modello di business o si muore. L’aumento degli investimenti pubblicitari nei siti web delle testate, infatti, pur importante in termini percentuali, non riesce ad contrastare il calo delle inserzioni sul cartaceo, per le quali gli importi medi sono ben superiori. Gli editori sono stati troppo lenti nel comprendere il cambiamento e, quando l’hanno fatto, hanno abbracciato senza esitare il modello della fornitura gratuità di notizie per l’utente finale, inseguendo il miraggio di una raccolta pubblicitaria che ci si aspettava ben più cospicua.
La salvezza, secondo i nostri ospiti, sta nella vendita a prezzi adeguati degli articoli di maggiore qualità, quelli di commento, di analisi, le inchieste, i reportage. Mentre per la cronaca può funzionare ancora il modello della gratuità, anche perchè l’enorme offerta sul web di notizie gratuite non permette alternative. Il modello di business così delineato, quindi, si fonda sulla qualità dei contenuti forniti, dietro un corrispettivo molto più esiguo rispetto al prezzo medio delle notizie a pagamento vendute attualmente online: parliamo di poche decine di centesimi.
La strada è già in parte aperta per i dispositivi mobile, quindi smartphone e tablet, perchè qui gli utenti sono più abituati a pagare i servizi che ricevono. Al contrario, molto lavoro deve essere ancora fatto per influire sul comportamento e le abitudini dei lettori da desktop, meno propensi a pagare i contenuti.
C’è anche chi si è scagliato contro Google News, che sfrutta i contenuti di proprietà altrui, lucrandoci sopra.
Apro il dibattito anche a tutti i lettori di questo blog: quale modello di business può funzionare per l’informazione nel 21° secolo? Come retribuire i giornalisti in un mondo in cui l’offerta di news gratuite è ovunque?
A corredo di tutto, pubblico qua sotto l’infografica sui cambi strutturali dell’industria dell’informazione, realizzata da NZZ Labs. Si tratta di un diagramma di flusso che individua i vettori dell’attuale turbolenza nel mondo dei media informativi: il cambiamento degli attori, l’evoluzione della tecnologia e la crisi dei modelli di business. Il sito originale lo trovate qui.