Le aspettative dei consumatori aumentano con la frammentazione dei canali e con lo svilupparsi dei contenuti. Da qui l’importanza di comunicare e rendere facilmente fruibili e disponibili i valori offerti dall’azienda, attraverso tutti i canali: owned (corporate) earned (organic) e paid.
Brand diventa sinonimo oggi di compagno di viaggio e di relazioni continuative e non di semplici scambi occasionali con i clienti.
Il consumatore ha bisogno di questa relazione, di essere emozionato e coinvolto, e di conoscere in modo approfondito il prodotto per potersi fidare e fidelizzare
Diomira Cennamo, autrice, insieme a Carlo Fornaro, del manuale “ Professione Brand Reporter – Brand Journalism e nuovo storytelling nell’era digitale” per Hoepli editore, in cui si descrive l’ evoluzione del Brand Journalism e dello storytelling, cita Tom Foremski sostenendo che ogni azienda deve diventare una “media company” in grado di fornire contenuti rilevanti, utili, interessanti e accattivanti. Ma non basta, perché, prosegue la Cennamo. “ Si è decretata la fine dell’interruption marketing: occorre farsi trovare dalle persone quando cercano di soddisfare un bisogno di informazione che siamo in grado di soddisfare.”
Sappiamo infatti che la strategia di comunicazione deve essere multicanale e che la scelta dei canali, coerentemente con la propria Brand Identity e con i propri obiettivi deve essere concepita in modo da consentire il rafforzamento reciproco fra i singoli canali e da accompagnare il consumatore fornendogli contenuti rilevanti.
Non solo i canali ma anche il contenuto devono essere oggetto di attenta riflessione, per essere adeguati al canale e al messaggio, privilegiando sempre la qualità rispetto alla quantità.
La grande quantità di informazioni ci spinge oggi ad essere selettivi, “ad attivare filtri anti-spam” che focalizzano l’attenzione solo verso ciò che è veramente rilevante per noi.
Ecco perché è indispensabili chiedersi cosa è rilevante per il nostro consumatore e come” ottenere il permesso” di interagire con lui. Basandosi anche su analitics ed insights, oggi facilmente accessibili, in particolare per i contenuti diffusi via web, e senza dimenticare le intersezioni fra tecnologia e media.
Si evidenzia che “la comunicazione deve raggiungere le persone e adattarsi alle loro abitudini di vita. Il Brand giornalista oggi deve saper scrivere, girare un buon video, scattare delle foto professionali, registrare dei buoni podcast e conoscere le regole con cui progettare e ottimizzare questi contenuti sui vari canali. Oppure deve far parte di una redazione e saper lavorare in squadra”
L’osservazione è che si delinea sempre più la necessità di una nuova figura professionale “ il reporter della marca, che ne costruisce e/o difende la reputazione, ne studia l’identità e il modo di svolgere le attività e di interpretare il proprio ruolo nel mondo. Per svolgere tale compito deve mettere in campo competenze strategiche di marketing e tecnico-progettuali di tipo giornalistico ed essere un esperto di media e comunicazione”
E alla base occorre oggi da parte Brand una riflessione continua sulla propria strategia e posizione, e sulla propria forza di essere “inspiring e relevant”.