Scrittori: lo si è veramente solo quando il libro è su carta?
E’ da parecchi anni che si dibatte sulla crisi del libro. Hardware ormai superato e soppiantato dall’e-book e dal web. Eppure anche lo scorso venerdì mi è capitato di leggere, su Cronache Maceratesi, l’annuncio della presentazione di un libro che viene dal web. Già il sito web Spinoza, raccoglie, e siamo ormai al 4 volume, le migliori battute in un libro fisico, pubblicato nei primi tre volumi da Aliberti e ora da Rizzoli.
In questo caso su Cronache Maceratesi c’era l’annuncio della presentazione, alla Feltrinelli di Macerata, del libro che ripropone un anno del sito specializzato in notizie verosimili, Lercio.it. Anche in questo caso la casa editrice è Rizzoli.
Questo fenomeno ricorda un po’ ciò che succedeva negli anni novanta con gli instant-book dei comici (quante perle per un’ipotetica biblioteca della Pleiade del trash!!!), ma da passatista e amante dell’oggetto libro in se stesso, della sua collezionabilità anche nelle sue declinazioni in forma di quotidiano o di rivista, mi sembra che oltre a ragioni alimentari (è noto che con i siti non si guadagna abbastanza) ci sia il desiderio per gli autori di una consacrazione, avvertita come possibile solo nel mondo dell’editoria tradizionale. E’ come se ancora la copertina, la sovracopertina, la rilegatura e una buona impaginazione conferiscano quella dignità che la orascrittura (mia crasi tra oralità e scrittura che secondo me caratterizza ciò che si scrive sul web; non proprio verba volant, scripta manent, ma qualcosa come internetus fluctuat, se mi concedete il latino maccheronico) non conferisce (ancora) del tutto.
E’ infatti i volumi, in entrambi i casi, li pubblicano delle case editrici strutturate e non si ricorre neanche all’autopubblicazione (a.k.a. selfpublishing) caratterizzata spesso dalla stampa in digitale e da una impaginazione pauperistica.
Ma forse sono solo vecchio.