Antonella Clerici è l’indiscussa protagonista della stagione televisiva tuttora in corso:
dal successo di un festival di Sanremo in cui nessuno credeva, al boom di ascolti diTi lascio una canzone, passando per il ritorno, chiesto e ottenuto, alla conduzione de La prova del cuoco, fino al contratto da due milioni di euro stipulato con la RAI.
L’oneroso compenso ha suscitato molte polemiche (anche politiche) che la bionda neomamma ha rispedito al mittente con una lettera al Corriere in cui sostiene che la cifra è identica a quella di tre anni fa, quindi non capitalizza in suo favore i successi del Festival e di Ti lascio una canzone. Nella lettera in questione la Clerici si rivolge e cita ben due volte “il suo pubblico”.
Tutta la vicenda ripropone il dibattito sulla primazia tra format e conduttori. Chi è più importante? Un buon conduttore può fare la fortuna di un pessimo spettacolo? Un buono show può floppare a causa di un conduttore non all’altezza? Analizziamo gli stessi programmi della Clerici. La prova del cuoco ha riportato gli stessi ascolti sia con lei sia con la Isoardi che l’aveva sostituita. Ti lascio una canzone è stato copiato da Canale 5 e rinominato Io canto, la conduzione è stata affidata a Gerry Scotti che ha ammesso senza problemi che i due show erano identici, così come sono stati uguali i risultati in termini di share e auditel.
Insomma il conduttore conta davvero? Nel 2008 e nel 2009 la Clerici aveva incassato un altro successo di pubblico con il programma Tutti pazzi per la tele: spezzoni di quella che Umberto Eco ha definito paleo tv (Tognazzi, Vianello, le Kessler, Rascel, Mario Riva etc.), commentati in studio da vari ospiti. Quest’estate il programma che ha sbancato l’auditel è stato DaDaDa (RAI1 20.30), un mix di filmati tratti dalle teche Rai (Tognazzi, Vianello, le Kessler, Rascel, Mario Riva etc.) selezionati sulla base di un tema che fa da filles rouge e si sostituisce al conduttore nella narrazione. Un filo conduttore, insomma.